16 GIUGNO 1988
SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE, SEZIONE II PENALE
Con querela in data 3 giugno 1986
Montagna Mauro, nella sua qualità
di
presidente del consiglio di
Amministrazione della S.p.A. Telecentro Toscana,
effettuante la diffusione in ambito
locale
di trasmissioni televisive,
lamentava l'esplicazione di attività di disturbo eseguita mediante irradiazione
sulla stessa frequenza di programmi televisivi da parte di altra emittente
privata a partire dal 27 maggio 1986 in dispregio all'uso esercitato da oltre
quattro anni su tale banda di frequenza della propria emittente, che a causa
delle dette interferenze, subiva effetti distruttivi dei propri
segnali.
Precisava il querelante di aver
ceduto, e seguito di un accordo in data 23 marzo 1986, alla società TV
Internationale di Milano un ramo dell'azienda comprensivo della cennata banda di
frequenza e che attualmente sullo stesso canale trasmetteva a fascie orarie
alternate sia i programmi della propria emittente che quelli di TVI, con
ripetizione, da Parte di quest'ultima, del programma estero di Telemontecarlo
delle ore 13 alle 01.
Il Pretore di Firenze, con decreto
del 3 giugno 1986, disponeva in via di urgenza il sequestro delle
apparecchiature dell'emittente disturbante, che veniva eseguito il giorno
successivo.
Anche TV Internationale Milano
sporgeva querela lamentando l'oscuramento dei propri programmi, e cioè la
ripetizione delle trasmissioni di Telemontecarlo.
Il sequestro delle apparecchiature
veniva revocato con ordinanza in data 11 giugno 1986 dal Tribunale di Firenze,
mentre il titolare dell'emittente Canale 10, da cui originavano i lamentati
segnali televisivi, veniva rinviato a giudizio avanti al Pretore di Firenze per
rispondere del reato di cui agli artt. 81 cpv., 635, comma 2 n. 3 in relazione
all'art. 625, n. 7 cod. pen., anche in relazione all'art. 23 del d.P.R. 29 marzo
1973, n. 156, per avere, nella sua qualità di responsabile di «Canale 10 s.r.l.»
arrecato danno al servizio privato di telecomunicazioni svolto dalle emittenti
locali Telecentro Toscana e TV Internationale Milano mediante irradiazioni di
segnali televisivi; sulla stessa banda di frequenza da queste ultime
consolidatamente utilizzata per le proprie trasmissioni, con l'aggravante di
avere commesso il fatto su cose esposte per destinazione alla pubblica fede e
destinate a pubblica utilità (capo A).
Al Rocchi veniva inoltre contestato
il reato di cui all'art. 392 cod. pen. perché, al fine di esercitare un preteso
diritto alla trasmissione di programmi televisivi, potendo ricorrere al giudice,
si faceva arbitrariamente ragione da sé mediante violenza sulle cose (capo
B).
In esito al dibattimento, nel corso
del quale si costituivano parte civile sia il querelante Montagni, in
rappresentanza di Telecentro Toscana, sia Barsanti William, in rappresentanza di
TV Internationale Milano, il Pretore di Firenze, con sentenza in data 17 giugno
1986, dichiarava il Rocchi colpevole del reato di cui al capo A, con esclusivo
riferimento alla ipotesi di cui all'art. 635, n. 3 cod. pen. e, con attenuanti
generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo condannava alla pena di L.
600.000 di multa ed al risarcimento dei danni verso le parti civili, con il
limite del solo danno emergente nei confronti di Barsanti William, nonché alle
spese di costituzione di parte civile, con doppi benefici di legge. Assolveva il
Rocchi dall'imputazione di cui al capo B perché il fatto non
sussiste.
A seguito di appello proposto
avverso tale sentenza dall'imputato Rocchi, nonché dalla parte civile Barsanti
William, la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza in data 18 febbraio 1987,
confermava le disposizioni penali della sentenza di primo grado nei confronti di
Rocchi Egidio, ed in parziale riforma delle disposizioni civili, liquidava il
danno nei confronti della parte civile appellante Barsanti William, nonché a
favore dell'altra parte civile Montagni Mauro, nella misura di L. 100.000
ciascuna.
Avverso la predetta sentenza ricorre
ritualmente per cassazione il Rocchi.
Con il primo motivo lamenta la
violazione e falsa applicazione della legge da parte dei giudici di merito che
hanno considerato applicabile nella specie l'art. 635 cod. pen. sul falso
presupposto che l'onda televisiva possa essere considerata una res come tale
suscettibile di tutela anche sotto il profilo penale.
Sotto il profilo della violazione
del principio di legalità, sostiene il ricorrente che i giudici del merito hanno
praticamente esteso l'applicabilità di norme penali ad una fattispecie già
compiutamente disciplinata dalla normativa del TU delle Poste e
Telecomunicazioni, e che, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 202 del
1976, che legittimò la emittenza privata in ambito locale, non è più applicabile
per tali attività. Rileva inoltre che, in base al principio di specialità, la
materia delle interferenze può unicamente ricadere sotto la disciplina
sanzionatoria in via amministrativa.
Col secondo motivo lamenta la
violazione degli artt. 51 e 52 cod. pen., che assume sarebbero applicabili nella
specie, ed atti a discriminare la condotta dell'imputato. Assume infatti il
ricorrente che l'esercizio dell'attività di emittenza televisiva privata in
ambito locale costituisce impresa lecita, mentre l'attività di ripetizione di
programmi televisivi stranieri senza autorizzazione, operata dalla TV
Internationale costituisce un illecito.
Ne conseguirebbe che l'uso
successivo da parte di una emittente privata dalla stessa frequenza, pur se già
usata od in corso d'uso da parte di un ripetitore di programmi esteri non
autorizzato, non solo non costituisce reato, ma costituisce esercizio di un
diritto.
Col terzo motivo lamenta la carenza
di motivazione sui vari motivi di gravame.
Col quarto motivo deduce la
insufficienza di motivazione in ordine alla denegata applicabilità nella specie
delle diverse ipotesi delittuose previste dall'art. 392 o dal 639 cod.
pen.
Lamenta infine la omessa concessione
dell’indulto di cui al d.P.R. 865/86, la mancata concessione dell'attenuante di
cui all'art. 62, n. 4, la condanna al risarcimento del danno e la determinazione
dello stesso, pur nella tenue misura di L. 100.000, avvenuta in violazione del
principio dell'onere della prova a carico del danneggiato.
Altro difensore del ricorrente,
oltre a ribadire alcuni dei predetti motivi, sostiene l'erronea applicazione
dell'art. 635 cod. pen. in quanto i giudici del merito non hanno rilevato come
l'emissione da parte dell'imputato non era tale da arrecare alcun disturbo o
danneggiamento diretto sulle radio-onde trasmesse dalle parti lese, ma
determinava unicamente nei ricevimenti un effetto di sovrapposizione. In tal
senso pertanto, secondo il ricorrente, non vi sarebbe stato alcun danneggiamento
in quanto la «cosa altrui» non avrebbe subito alcuna
modificazione.
Ricorre per Cassazione anche la
parte civile Barsanti William lamentando anzitutto la omessa pronuncia di
condanna dell'imputato alle spese ed onorari di difesa della parte civile nel
procedimento di secondo grado.
Deduce inoltre la violazione
dell'art. 185 cod. pen. avendo la Corte del merito ritenuto il Rocchi obbligato
a risarcire unicamente il danno arrecato all'onda hertziana, mentre essa non
costituisce che un aspetto accessorio di una più articolata attrezzatura di
emissione il cui titolare ha subito danni ben più gravi consistenti nel
sensibile decremento di ascoltatori, nella lesione del marchio dell'impresa e
nella rescissione o mancata stipula di commissioni pubblicitarie costituenti la
principale fonte di sostentamento delle emittenti private.
MOTIVI DELLA DECISIONE. - Rileva
questa Corte che la tesi dell'imputato Rocchi, secondo cui non potrebbe
sussistere il reato di danneggiamento nei confronti di emissioni televisive in
quanto le stesse non costituiscono «cose» suscettibili di tutela ai sensi
dell'art. 635 cod. pen., è stata respinta dalla Corte del merito con motivazione
che appare del tutto immune da vizi.
Viene infatti anzitutto
correttamente rilevato come l'art. 624 cod. pen. equipari, agli effetti della
legge penale in generale, alle cose mobili, non soltanto l'energia elettrica, ma
ogni altra energia che abbia valore economico.
Viene poi ricordato il concetto, che
questa Corte pienamente condivide, dell'applicabilità alle predette energie
dell'insieme della tutela penale accordata alle «cose», il che risulta peraltro
inequivocabilmente dalla stessa dizione dell'art. 624 capoverso; ne consegue che
anche la tutela accordata dall'art. 635 cod. pen. è perfettamente applicabile,
qualora ne ricorrano i presupposti.
Sulla base di principi di ordine
tecnico-scientifico espressi dal perito, nell'ambito degli accertamenti di
merito sulla natura, consistenza ed altre qualità delle radio-onde, i giudici
del merito giungono alla corretta conclusione che le radio-onde prodotte dalle
emittenti televisive in questione devono ritenersi energie economicamente
valutabili «in quanto costituiscono l'essenza delle prestazioni
televisive».
Orbene, questa Suprema Corte, come
ha già in altre occasioni affermato (Sez. III sentenza 2752 del 28 settembre
1987: Sez. II sentenza 1470 del 3 marzo 1988) ritiene tale impostazione del
tutto corretta, rilevando come i segnali radioelettrici destinati ad essere
recepiti, via etere, sotto forma di immagini e suoni televisivi, costituiscano
indubbiamente una energia avente valore economico, e come tale destinataria
della tutela giuridica di cui all'art. 635 cod. pen.
Trattasi invero di entità che
vengono specificamente prodotte dalle emittenti televisive e che appaiono, fin
dal momento della produzione, non soltanto destinate, ma perfettamente idonee a
trasformarsi in suoni ed immagini. A tale ultimo risultato è poi collegata tutta
l'attività della impresa di emissione, volta a suscitare l'attenzione da parte
di un pubblico e ad ottenere, pertanto, le commesse pubblicitarie, che
costituiscono un vero e proprio prodotto economico per
l'emittente.
In considerazione di tali
presupposti, appare poi corretta la conclusione tratta dai giudici del merito, e
secondo cui le interferenze deliberatamente cagionate dall'imputato sulle onde
radioelettriche prodotte dalle emittenti in questione, pur non cagionando
all'origine una modifica strutturale delle onde, ma rendendone inservibile il
segnale originario, ne snaturano profondamente la funzione e sostanziano in
definitiva un'azione di danneggiamento della «cosa
altrui».
Le considerazioni di cui sopra
valgono anche a constatare la infondatezza del secondo aspetto di pretesa
illegittimità sollevato dal ricorrente nel primo motivo di ricorso circa la
violazione del principio di legalità che i giudici del merito avrebbero commesso
estendendo l'applicabilità di norme penali ad una materia già compiutamente
disciplinata dal Testo Unico delle Poste e Telecomunicazioni. In proposito si
rileva che lo stesso ricorrente assume che i giudici del merito avrebbero
operato una «espansione» delle norme del codice penale per «riempire un vacuum
creato dalla giurisprudenza costituzionale» nella misura in cui la emittenza in
sede locale è stata liberalizzata, e perciò praticamente ammette la inesistenza
di altra norma con carattere di specialità che nella specie potrebbe trovare
applicazione.
Anche il secondo motivo di ricorso,
col quale si reiterano le argomentazioni già svolte in sede di merito circa
l'applicabilità nella specie delle discriminanti di cui agli artt. 51 e 52 cod.
pen. ed eventualmente dell'art. 59, appare infondato.
A tal fine, e par prescindendo da
altre considerazioni circa la ininfluenza di eventuali illiceità sulla
tutelabilità del bene leso, appare assorbente la constatazione della Corte del
merito circa la obiettiva utilizzazione del canale televisivo 64, seppure in via
alternativa, da Telecentro Toscana, le cui trasmissioni televisive di programmi
in ambito locale sono indubbiamente lecite e vantano una situazione di priorità
rispetto al Canale 10.
Il terzo motivo è manifestamente
infondato. A parte la estrema genericità dello stesso, che si sostanzia
nell'affermazione che la Corte di merito avrebbe «pretermesso di esaminare
taluni motivi di appello», si rileva che i casi citati, peraltro a titolo
esemplificativo, attengono tutti a questioni sulle quali la Corte del merito si
è invece concretamente espressa.
Quanto alla pretesa diversa
qualificazione giuridica del fatto, di cui al quarto motivo di ricorso, rileva
questa Corte che la comprovata sussistenza degli estremi del contestato reato di
cui all'art. 635 cod. pen. appare di per sé costituire valida motivazione anche
in ordine alla esclusione che possa trattarsi di altra e diversa ipotesi
delittuosa.
In ordine all'applicazione del
d.P.R. 16 dicembre 1986, n. 865, risulta dalla narrativa che l'imputato ha
rinunciato all'applicazione dell'amnistia.
L'attenuante di cui all'art. 62, n.
4 cod. pen. non risulta essere stata richiesta nei motivi di gravame, ed
infondata appare pertanto ogni doglianza in proposito in questa
sede.
Infine, in ordine ai motivi di
ricorso relativi al risarcimento del danno, appare assorbente quanto si dirà in
merito al ricorso della parte civile.
Il ricorso del Rocchi deve pertanto
essere respinto in toto ed il ricorrente condannato, come per legge, alle spese
processuali e ad una sanzione pecuniaria che si determina in lire
cinquecentomila, oltre al pagamento delle spese di costituzione di parte civile,
che si liquidano rispettivamente in L. 1.550.000 di cui 1.500.000 per onorari
per il Barsanti, e di L. 1.250.000 per la parte civile Società Telecentro
Toscana, di cui L. 1.200.000 per onorari.
Il ricorso del Barsanti appare
fondato per quanto riguarda la lamentata determinazione ex-bono et aequo del
danno subito dalla parte lesa in L. 100.000.
Tale statuizione della Corte del
merito è infatti fondata sul presupposto che il solo danno risarcibile sia
quello relativo alla «lesione delle radio-onde prodotte dalle apparecchiature
della emittente».
Orbene, rileva questa Corte come la
predetta affermazione appaia sostanzialmente in contraddizione coi presupposti
stessi su cui la Corte di merito ha fondato il proprio convincimento circa la
sussistenza nella specie del reato di danneggiamento.
Se infatti si riconosce, da un lato,
come fa la Corte di merito, che in tanto sussiste il reato di danneggiamento in
quanto l'azione dell'imputato, rendendo inservibile il segnale originario, di
cui la radio-onda è il vettore, sostanzia un'azione di danneggiamento nei
confronti di una «energia economicamente rilevante in quanto costituisce
l'essenza della prestazione televisiva», non può, d'altro lato, procedersi ad
una valutazione ex-bono et equo dei danni cagionati dall'azione illecita, in
modo totalmente avulso dai predetti valori economicamente
rilevanti.
Su tal punto pertanto la sentenza
denunciata deve essere annullata per violazione di legge, essendo in contrasto
con l'art. 185 cod. pen., in quanto limita arbitrariamente il risarcimento del
danno conseguente all'azione delittuosa, e non tiene conto della complessa
struttura economica del bene danneggiato. La cognizione di tal punto deve
pertanto essere rimessa al Giudice civile competente in grado di
appello.
Parimenti fondato è il motivo di
ricorso relativo alla denegata condanna dell'imputato alla rifusione delle spese
di costituzione di parte civile nel procedimento
d'appello.
Non vi è dubbio infatti che
l'obbligo dell'imputato appellante di rifondere le spese sostenute dalla parte
civile nel giudizio di appello è conseguente alla soccombenza, la quale deve
essere riferita alla impugnazione dallo stesso imputato proposta. Nel caso di
specie, è pacifico che tale soccombenza venne sancita dalla Corte d'Appello e ne
consegue pertanto il relativo obbligo di rifusione delle spese alla parte civile
nel relativo procedimento.
P.Q.M.
La Corte annulla l'impugnata
sentenza limitatamente alle disposizioni concernenti gli interessi civili del
ricorrente Barsanti William, con rinvio al Giudice civile competente in grado di
appello, nonché alla questione relativa alla omessa condanna dell'imputato alle
spese di costituzione di parte civile;
rigetta il ricorso di Rocchi Egidio, che condanna alle spese processuali ed al pagamento di lire cinquecentomila a favore della Cassa delle Ammende, nonché al pagamento delle spese di costituzione di parte civile che liquida rispettivamente in L. 1.550.000 di cui L. 1.500.000 per onorari per Barsanti William, e di L. 1.250.000, di cui L. 1.200.000 per onorari per la parte civile Società Telecentro Toscana.